lunedì 28 aprile 2014

Come un ragno e gocce d'acqua

9,8 metri al secondo in caduta libera, sperando che non diventi accelerazione gravitazionale

è sì, sembra proprio che il mondo sia geloso di noi, ci vuole per lui

e non ci lascia volare


e si va verso la nostra madre terra
irresistibile

talvolta non ci lascia nemmeno saltare



quando chiudiamo gli occhi per sempre, ci ingloba in sè, diventando suo nutrimento.

Chiamati a guardare in alto,
incomprensibile vocazione,
                                         per alcuni inammissibile,
                                                                              per altri assurda,
                                                                                                        per altri ancora suicidio

e allora sì - mi suicido saltando all'insù:


Eppure, così bello il mondo che ci chiama a sè; e bene cantò l'enigmatico Omero:

Alle Sirene giungerai da prima,
Che affascìnan chïunque i lidi loro
Con la sua prora veleggiando tocca.

Spiagge pericolose in questo mondo che a sè ci chiama, ma non per questo non belle; lasciamo avvicinare la nostra barca e paghiamo quello che c'è da pagare.

Chïunque i lidi incautamente afferra
Delle Sirene, e n'ode il canto, a lui
Né la sposa fedel, né i cari figli
Verranno incontro su le soglie in festa.

Davvero incauti ascoltar il bel canto, concreta è la musica che del cuor è il mezzo per viaggiar se pur con dolore. Nemmeno gli affetti più cari talvolta resister posson, e ci si scorda di se stessi e del proprio viaggio.

Le Sirene sedendo in un bel prato,
Mandano un canto dalle argute labbra,
Che alletta il passeggier: ma non lontano
D'ossa d'umani putrefatti corpi
E di pelli marcite, un monte s'alza.

Così saremo se cediamo al mondo, non più un salto, non più una riva da toccare, non più io da respirare, non più l'amore d'amare, ma solo cibo per vermi e necrofagi.

Tu veloce oltrepassa, e con mollita
Cera de' tuoi così l'orecchio tura,
Che non vi possa penetrar la voce.
Odila tu, se vuoi; sol che diritto
Te della nave all'albero i compagni
Leghino, e i piedi stringanti, e le mani;
Perché il diletto di sentir la voce
Delle Sirene tu non perda.


Ma Ulisse è saggio e ascolta Circe e si fa legare stretto all'albero maestro per ascoltar la bellissima e ingannevole lode. Quanti sono i canti che ci illudono di spiagge migliori verso le quali siamo chiamati. Ulisse lo scaltro implora, si lascia convincere dal bel canto, ma i sordi compagni non lo liberano e così prosegue verso la sua Itaca.

Anche noi possiamo fare come Ulisse, leghiamoci stretti all'albero della vita


l'albero - del - Maestro! legati a lui e il bel canto del mondo non ci ingannerà, non più noi cibo per qualcun altro, ma cibati per una vita eterna.

Legami fragili
i legami d'amore,
eppure così solidi e belli
i legami d'amore,
invisibili eppure così visibili
i legami d'amore.

Appesi a fili che il mondo spesso non vede resi belli dallo spettacolo della creazione:
come ragni e gocce d'acqua
appesi a sottilissimi fili



fili più forti dei legacci dei compagni di Ulisse.

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