è sì, sembra proprio che il mondo sia geloso di noi, ci vuole per lui
e non ci lascia volare
e si va verso la nostra madre terra
irresistibile
talvolta non ci lascia nemmeno saltare
quando chiudiamo gli occhi per sempre, ci ingloba in sè, diventando suo nutrimento.
Chiamati a guardare in alto,
incomprensibile vocazione,
per alcuni inammissibile,
per altri assurda,
per altri ancora suicidio
e allora sì - mi suicido saltando all'insù:
Eppure, così bello il mondo che ci chiama a sè; e bene cantò l'enigmatico Omero:
Alle
Sirene giungerai da prima,
Che
affascìnan chïunque i lidi loro
Con la
sua prora veleggiando tocca.
Spiagge
pericolose in questo mondo che a sè ci chiama, ma non per questo non
belle; lasciamo avvicinare la nostra barca e paghiamo quello che c'è
da pagare.
Chïunque
i lidi incautamente afferra
Delle
Sirene, e n'ode il canto, a lui
Né la
sposa fedel, né i cari figli
Verranno
incontro su le soglie in festa.
Davvero
incauti ascoltar il bel canto, concreta è la musica che del cuor è
il mezzo per viaggiar se pur con dolore. Nemmeno gli affetti più
cari talvolta resister posson, e ci si scorda di se stessi e del
proprio viaggio.
Le Sirene
sedendo in un bel prato,
Mandano
un canto dalle argute labbra,
Che
alletta il passeggier: ma non lontano
D'ossa
d'umani putrefatti corpi
E di
pelli marcite, un monte s'alza.
Così
saremo se cediamo al mondo, non più un salto, non più una riva da
toccare, non più io da respirare, non più l'amore d'amare, ma solo
cibo per vermi e necrofagi.
Tu veloce
oltrepassa, e con mollita
Cera de'
tuoi così l'orecchio tura,
Che non
vi possa penetrar la voce.
Odila tu,
se vuoi; sol che diritto
Te della
nave all'albero i compagni
Leghino,
e i piedi stringanti, e le mani;
Perché
il diletto di sentir la voce
Delle
Sirene tu non perda.
Ma Ulisse è saggio e ascolta Circe e si fa legare stretto all'albero maestro per ascoltar la bellissima e ingannevole lode. Quanti sono i canti che ci illudono di spiagge migliori verso le quali siamo chiamati. Ulisse lo scaltro implora, si lascia convincere dal bel canto, ma i sordi compagni non lo liberano e così prosegue verso la sua Itaca.
Anche noi possiamo fare come Ulisse, leghiamoci stretti all'albero della vita
l'albero - del - Maestro! legati a lui e il bel canto del mondo non ci ingannerà, non più noi cibo per qualcun altro, ma cibati per una vita eterna.
Legami fragili
i legami d'amore,
eppure così solidi e belli
i legami d'amore,
invisibili eppure così visibili
i legami d'amore.
Appesi a fili che il mondo spesso non vede resi belli dallo spettacolo della creazione:
come ragni e gocce d'acqua
appesi a sottilissimi fili
fili più forti dei legacci dei compagni di Ulisse.